venerdì 16 marzo 2012

Russian Roulette

"Se decidi di giocare, ragazzo, devi giocare sul serio..." ...Mi dice...
"Prendi la pistola, e conta fino a tre... devi solo premere il grilletto"

Forse è stato quello il giorno in cui tutto iniziò. 
Ricordo la sensazione... come se fosse oggi. 

Berishan, Afghana. 01.04.2503
Mio padre non mi ha mai fatto regali per il compleanno, dopo la morte di mia madre... mi ha sempre piazzato in mano un paio di centoni, dicendomi di comprarci quello che preferivo. 
Quest'anno sono arrivati direttamente alla casella postale dell'università. 
E se in molti mi hanno detto e ripetuto che Gibson non è un buon amico con cui accompagnarsi, a me sembra il più adatto con cui andare a spendere i soldi ricevuti.

Da quel giorno, lo ricordo perfettamente, la mia percezione delle cose cambiò. 
La percezione della vita, del tempo. Come un secondo può dilatarsi, fino a riempire l'intero corso di un'esistenza, dando ad essa stessa un senso nuovo... completo.

"Automatica o a tamburo?" 
Lo chiedo a Gibson quando il commerciante lo chiede a me. Non ne capisco molto di armi... e a malapena faccio differenza tra una pistola, un fucile e un mitragliatore.
"A tamburo! Come i duri del Rim!"
Mi risponde con tale decisione, che mi sembra effettivamente la più sensata delle risposte.
Tanto sensata che non riesco neppure a trovare idiota quella sua stupida pantomima con le dita a pistola e le guance gonfie pronte a simulare il rumore di uno sparo.
La compro... una Neocolt Python 8

Un dispetto... come ogni cosa che feci da quando mia madre ci lasciò.
Se mio padre avesse scoperto -e lo avrebbe scoperto- che con i soldi del suo regalo mi ero comprato una pistola, avrebbe tentato lui stesso di uccidermi.
E forse io non desideravo altro che provasse a farlo...

"Se decidi di giocare, ragazzo, devi giocare sul serio..." 
Quelle parole fanno eco nella mia mente... mentre guardo diffidente la brutta faccia ghignante di colui che chiamano Shark, nei sobborghi. Ci sfida... con la superbia con cui si trattano dei bambocci.
Come siamo arrivati qui? Gibson ovviamente...

Non ho mai sopportato l'idea d'essere chiamato codardo.
Nè mai ho sopportato gli sguardi di sufficienza di chi pensa di potersi sentire migliore di me. 
Ho sempre creduto che, se sono stato capace di metterla in culo infinite volte a mio padre, allora ho davvero le carte per farlo con chiunque altro.
E da quel giorno in poi, ne ebbi l'assoluta certezza

"Conta fino a tre, chiudi gli occhi e fai un bel respiro..."
Guardo disgustato le lacrime di Gibson, con la stessa rabbia che ho sentito quando poco fa mi ha guardato con aria di superiorità, quasi mi volesse rimproverare per avergli dato del pazzo ad accettare di prestarsi a quel gioco.
Lo guardo crollare... davanti ai miei occhi. lo vedo abbandonare tutto il coraggio di cui si fregiava, lasciando cadere insieme a quello la pistola che non è riuscito a usare. 
.......
E' quel disgusto che provo a farmi decidere a farlo...
E quando mi chiedono perchè abbia raccolto la pistola, per usarla al posto di Gibson, la risposta è semplicemente scontata:
"Perchè io sono migliore di lui"

Quel giorno compresi di essere meglio di Gibson... ma in fondo quel giorno compresi semplicemente che sarei potuto essere meglio di chiunque altro... se solo lo avessi voluto.
Ancora ricordo la sensazione... 
Adrenalina... Onnipotenza...
Forse quel giorno iniziò tutto quanto

"Uno..."
Scarrello casualmente il tamburo, poi avvicino la pistola alla tempia e premo il grilletto.
Uno... mi sono fermato ad uno per sottolineare che quello è il numero che mi si addice. Non il tre, non il due... ma l'uno.
Click... quel suono risuona ancora nelle mie orecchie, più forte di un'esplosione.
Ma sono ancora qui... fermo all'uno...

Immagino sia partito tutto da lì
Non puoi comprendere la sensazione che ti dà sentirti invincibile, finchè non la provi. 
E dopo averla provata una volta... non puoi più farne a meno.
Non ti basta più sfiorarla. Avvicinarti a ciò che sai ti renderà migliore degli altri, per guardarlo da lontano, non sarà mai più sufficiente.
Così come non ti accontenterai più di giocare con il fuoco, per limitarti a farti scaldare dalle fiammelle periferiche. Cercherai di raggiungere quella fiamma che alimenta le altre, incandescente e vitale, che ti richiama a sè, ma ti tiene a distanza contemporaneamente. 

Una volta che hai scoperto cosa vuol dire "giocare sul serio"...
Non puoi più tornare indietro...



Nessun commento:

Posta un commento